Psicologo online, lo selezioniamo per te. Ma in che modo?
Fanno pubblicità sui social e persino in televisione. Dopo la pandemia l’Italia si è scoperta nevrotica e bisognosa di sostegno psicologico, dicono, quindi nascono le startup che offrono un catalogo online di psicologi selezionati, da scegliere in base alle proprie esigenze.
Mi sembra una buona notizia visto che faccio questo mestiere e fino a ieri appartenevo alla categoria di professionisti più ignorata in assoluto: nessuno ha mai voluto andare dallo psicologo, tanto meno chi ne avrebbe bisogno. Adesso invece Facebook, Linkedin, Indeed, mi riempiono di proposte di lavoro. Sei psicologo? Sai usare un computer? Sei bravo? Hai un buon curriculum? Perché noi prendiamo solo i migliori, sia chiaro.
In verità non sono convinta che in Italia ora ci sia veramente questa crescente richiesta di sostegno psicologico. Durante il momento più terrorizzante della pandemia avevo fatto parte degli psicologi che fornivano assistenza psicologica gratuita al telefono per conto della Protezione Civile. Eravamo in centinaia, in servizio anche di sera. Ci chiamavano perlopiù uomini in cerca di un telefono erotico, e i soliti che hanno l’abitudine di chiamare qualunque numero pubblico per lamentarsi, spesso insultare. Gli utenti psicologicamente provati dalla pandemia erano stati decisamente una minoranza.
Forse l’iniziativa non era stata comunicata efficacemente e invece il bisogno c’è, mi dico, altrimenti perché ci sarebbe tutta questa crescita improvvisa di network dedicati al servizio psicologico? Ai professionisti promettono di fare tutto loro: pubblicità, organizzazione della seduta da remoto, fatture, pagamenti.
A proposito, quanto pagano?
Non c’è verso di saperlo e il commerciale del sito “Ermejopsicologo.com” è di un’omertà granitica, ma guardando le tariffe per il pubblico che sono inferiori al costo di una messa in piega e pure in calo per la concorrenza, direi una miseria.
“Ma facciamo i pacchetti!” Mi dice il commerciale. Significa: ti paghiamo ancora meno, ma in teoria lavori di più, non è fantastico?
L’Italia ha ancora una mentalità medievale diffusa e siamo tutti artigiani: in sostanza lavori gratis con la speranza di acquisire il diritto in futuro, se resisti, di lavorare facendoti pagare.
Sempre che il lavoro ci sia, perché il commerciale è anche parecchio omertoso su come pensano di procurarsi i pazienti in modo continuativo. Prima di avere qualunque informazione devo compilare il lungo questionario che l’azienda mi propone a prova della sua profonda serietà. Dopo risponderanno eventualmente alle mie domande. Se mi accettano. Perché, ripetono, mica prendono tutti. A proposito: quanti pazienti ho? Potrei convogliarli al portale di già che ci sono, suggerisce il commerciale. Poi con le mie pagine Facebook, i Social… ce li ho, vero? Se non li ho mi consiglia di inaugurarli, tutti e subito, mi daranno poi loro delle dritte per gestirli e acquisire popolarità.
Ma come, la popolarità non dovevate darmela voi? Pure sui social devo lavorare, gratis, pubblicizzando il vostro servizio?
Probabilmente sono io che non capisco i complicati meccanismi di questo nuovo mercato lavorativo, fatto di visibilità, relazioni e raccomandazioni, che neanche ai bei tempi delle repubbliche andate.
Compilo il questionario: mi chiedono curriculum, iscrizione all’albo, biografia, lingue parlate. Modestamente non sono male, voglio vedere dove la trovano un’altra psicologa con queste qualifiche.
Poi, le domande di approfondimento:
– Cosa conta di più nella professione di psicologo? A) La preparazione B) L’empatia C)La collaborazione in team D) L’esperienza E) La disponibilità
Non posso scegliere più di una risposta, anche se preparazione ed esperienza mi sembravano una bella accoppiata. Scelgo la preparazione, mi hanno fatto una zucca così sul fatto che loro prendono solo i più capaci e io ho un paio di specializzazioni post lauream.
– Sei disposto a lavorare con una supervisione?
Cerrrto. Me la fate voi gratis su Zoom?
– Quanto vorresti guadagnare a seduta?
Rispondo onestamente.
– Saresti disposto a pagare per essere accettato come psicologo di “Ermejopsicologo.com?
Non ci casco: il commerciale mi ha detto che l’iscrizione è gratuita.
Dopo pochi giorni ricevo l’esito della mia candidatura: “Gentile dottoressa, la ringraziamo etc…, purtroppo non possiede i requisiti per accedere al team di ….”
Ah. Ma chi cercano? Un primario? Forse sono già pieni. Fammi provare quelli di “Psicofico.it” che mi sembrano più modesti.
Stesso questionario. Esagero col curriculum, abbasso la tariffa, ma continuo a rifiutarmi di pagare un abbonamento annuale senza garanzie di lavoro.
Purtroppo non ho i requisiti neppure questa volta.
Mi intestardisco: cambio nome, data di nascita, account di posta e ricompilo tutte le domande. Curriculum al minimo indispensabile, nessuna precedente esperienza, nessun ambulatorio attivo, tariffa oraria di 15 euro lordi e disposta a pagare anche le vacanze dei dirigenti.
Mi accettano tutti e mi danno il benvenuto nel team.
Cominciano ad arrivare allegati: richieste di certificati, istruzioni etc… A parte il tono formale e il “dottoressa” ampiamente utilizzato, sono imposizioni belle e buone sulla disponibilità, sull’esclusività, la reperibilità, l’affidabilità, garanzie etc.
Sulla loro capacità di procurare pazienti, nulla.
Aspetta: adesso cercano pure psicoterapeuti, si sono raffinati. Casca che io sia anche psicoterapeuta, guarda che fortuna. E la paga è più alta, si arriva addirittura a 30/35 euro lordi l’ora, con i più sponsorizzati.
In questo caso il mio curriculum è sufficiente a farmi accedere almeno al colloquio iniziale con una ragazzina che ha evidentemente il compito di selezionare o non selezionare in base a certi aspetti, per nulla professionali: età (giovani e speranzosi sì, vecchi e disincantati no) attitudine Social (devono pubblicizzare il portale e i giovani sono più propensi a mettersi in gioco sotto questo punto di vista) numero di pazienti all’attivo (via quelli che lavorano da tempo, sì a quelli che non hanno ancora un’attività) attitudine al coaching più che alla terapia.in vista di vendere il servizio anche e soprattutto alle aziende. Da qui deduco che il titolo da psicoterapeuta non serva davvero alla psicoterapia di qualcuno, ma ad aumentare il prestigio presso l’azienda. Le ore “vantate” di occupazione da pazienti paganti sono di circa il 70%. Vuol dire dare disponibilità per dieci ore e ritrovarsene pagate 7 quando va bene. Se altre si fanno colloqui gratuiti, se non si è all’inizio, per cui tutte le 10 ore sono gratis. Tradotto in soldi, la cifra lorda di 30 euro diventa di di 21 euro l’ora.
La ragazzina si lancia nel descrivermi mirabolanti progetti futuri, per la regola di marketing classica per cui si vende meglio quello che ancora non c’è che quello che c’è. Da qui deduco di essere un cliente. pure io.
Durante il colloquio faccio troppe domande sulla quantità di pazienti paganti che sono in grado di fornire e offro la disponibilità minima di ore richiesta. Questo non va bene: i primi colloqui con i “possibili” pazienti sono gratuiti e poi sta a me vendere il servizio e convincere la persona a pagare. Di qui si torna alle capacità “psicologiche” di vendita che sto dimostrando di non avere. In fin dei conti la ragazzina mi sta facendo un favore: se non ci penso io a vendere il servizio ai clienti che loro mi mandano acchiappandoli con la “prima seduta gratis”, finisce che non guadagna nessuno, neppure io.
Allora però ditelo, che cercate venditori con una laurea a fare da specchietto per le allodole!
Eh no! Se sono una buona psicologa ci devo arrivare da sola. Almeno secondo chi fa marketing di basso livello, per cui lo psicologo è colui che capisce al volo come intortare il prossimo.
Che il metodo di marketing usato da questi network sia di basso livello, lo riconosco per esperienza e per un’altra serie di motivi: a) Se avessi abilità da marchettara sarei su Instagram o altri Social a dare consigli di vita e avrei già un buon numero di clienti. Sicuramente di più di quelli che potrebbero fornirmi loro, quindi il gioco non vale la candela. b) Bastaa con questo marketing all’americana degli anni ’80. Aggiornatevi. Ci sono aziende inglesi e americane che stanno proponendo gli stessi servizi e usano altri metodi, sia con i possibili pazienti, sia con i terapeuti. E pagano di più. Possibile che in Italia queste cose sia sempre gestite da “manager” che sono vecchi venditori di aspirapolvere, pentole e multiproprietà?
Vado a vedere tra i commenti delle varie pubblicità con cui queste società martellano FB. Gente che mette la faccina che ride, pazienti che si lamentano di avere pagato in anticipo più sedute e di essere stati lasciati a metà dal terapeuta, altri che lamentano disservizi vari.
Faccio una ricognizione tra gli psicologi che godono di una certa fama sui Social: offrono anche loro sedute online, ma non sono affiliati a nessun network di servizi psicologici. Soltanto uno di loro si appoggia a un sito che ospita professionisti sanitari, perlopiù medici. Qui la situazione sembra un po’ più trasparente: il professionista deve pagare centinaia di euro l’anno per figurare in elenco e i pazienti se li deve trovare da solo. Il sito organizza soltanto il calendario degli incontri online, si occupa di mandare al paziente il promemoria dell’appuntamento il giorno prima e un link che basta cliccare per accedere alla consulenza, senza dovere imparare a usare piattaforme come Skype o Zoom.
Nessuna “selezione” di professionisti fatta da… già, da chi?
Eh, li mi sono persa il secondo colloquio, quello “clinico” nel quale una laureata di 28 anni mi fa l’esamino su come conduco le sedute. Sono tutte donne e giovani, perché così il vecchio venditore “manager” sfoga i suoi bisogni megalomani, mettendo loro pressione e trattandole con sadismo, scatti improvvisi di aggressività immotivata e momenti di seduttiva dolcezza a casaccio. Non so come si chiamasse questo sistema nei vari corsi di marketing che illuminarono le vite di molti disperati quarant’anni fa. Prima si chiamava: bastone e carota. Distribuito a caso e con stipendi da fame.
In conclusione: trovare lo psicologo giusto rimane difficile come o forse più prima e sarebbe bello se ci fosse più controllo sulle iniziative commerciali che hanno a che fare con il lavoro, la dignità e la salute delle persone, soprattutto da parte dell’Ordine Nazionale degli Psicologi.
A furia di pubblicizzare servizi di psicologia online però, forse qualcuno comincerà a pensare che fare una seduta non sia poi così stigmatizzante, mi dico. Ora gli Influencer esibiscono le loro sedute dallo psicologo come quelle dal parrucchiere. Diventerà una moda.
Contribuirà anche a migliorare la qualità della vita delle persone? Che a questo doveva servire lo psicologo. Ne dubito.
Farà almeno più ricchi gli psicologi? Su questo non saprei rispondere, dato che non so se il Web abbia reso più ricchi truccatori e parrucchieri.
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