Reportage dall’Africa: di leoni qua non ce n’è più nessuno.
Ti affascinano i leoni e vuoi andare in Africa a osservarli, cercarli, fotografarli, salvarli? Niente di più facile.
Avevi lasciato le bave dietro alle migliaia di documentari che ti mostravano elicotteri che si alzano in volo, veterinari che sparano anestetico da grandi distanze con un fucile tecnologico, e rangers armati (casualmente tutti africani) che perdono persino la vita, pur di difendere il re della foresta? C’è tutto, non ti preoccupare: finirai in quell’esatto posto, che è sempre lo stesso, sia per fare i documentari sia per fare turismo.
Si tratta di grandi zoo all’aperto, creativamente chiamati game reserve o photographic areas, dove i leoni sono nutriti con carcasse comprate, e le scene di caccia che vedi sono il loro passatempo del weekend. E qui stiamo parlando di leoni in the wild.
C’è qualche piccolo problema di cui tu non verrai a conoscenza, per esempio il fatto che ogni tanto i leoni, chiaramente per vizio, si mangiano una mucca delle mandrie che passano per pascolare all’interno della riserva, diritto obbligatoriamente concesso ai pastori a cui è stato sottratto il territorio. Se una mucca viene sbranata, i pastori tendono ad avvelenare i leoni per vendetta (ti suona la faccenda? Anche se con animali diversi?). Allora i rangers li arrestano, e poi così capita che i rangers siano ammazzati (no, questa parte forse non ti torna, ma qui è Africa: credevi fosse lo zoo safari di Gravellona?).
Vabbè, ma tu che c’entri. E poi non esageriamo: tu stai lì solo una settimana di meritata vacanza e la paghi anche un occhio della testa.
Se invece vuoi coccolare il cucciolo e dargli il biberon, hai ancora più possibilità: intere fattorie tengono leoni in recinti e li fanno accoppiare, strappano loro i cuccioli perché tu ci possa giocare pagando cento euro al giorno.
Quando i cuccioli diventano grandi sono liberati in un piccolo parco, dove c’è un ranger che li segue e li indica a dei simpatici “turisti” che hanno appena pagato migliaia di dollari per arrivare lì, venire dotati di fucile vero e sparare a casaccio, per poi farsi una foto in ginocchio di fianco al cadavere. C’è gente che si spara sui piedi pur di colpire con una rosa di pallini un fringuello grosso come una noce; credevi non ci fosse gente disposta a fare pazzie per sparare a un leone, bello, senza una cicatrice e con la criniera cotonata?
In mezzo a tutto questo ci stanno i terribili Poachers: brutti africani cattivi che ogni tanto ammazzano un leone per conto loro in quello che sarebbe il loro territorio e lo vendono tenendosi il soldi, ‘sti profittatori. E pensare che è fatto tutto per salvare loro e la terra meravigliosa in cui vivono.
Insomma, come solito, ‘sti africani non sanno da che parte stare e fanno confusione, quando sarebbe tutto semplice: io bianco colonizzatore di antica famiglia possiedo un terreno grande come la Svizzera, O.K.? L’ho pagato, al governatore corrotto del tuo paese, che se è corrotto non è colpa mia, è della tua razza, vedi un po’ tu. Nella MIA riserva proteggo la wildlife, che è tanto carina, e tu, se sei bravo ubbidiente e affidabile, puoi aggiustare i recinti elettrificati, puoi scavare buche, spolpare carcasse, persino portare un’arma. E pure ti pago, pezzo d’ingrato.
Come se non bastasse ti mostro un’idea di business che a te non verrà mai in mente, neppure in cento anni: portare i bianchi in giro con un Range Rover a “guardare”. Sì, “guardare”: a loro piace, pagano per questo. Pagano persino per faticare: una media di 1000 dollari a settimana per dormire in baracche e fare campeggio nella savana, con la speranza di sentire una iena che ulula dietro la tenda. Gli si racconta che è questione di settimane e i leoni saranno tutti estinti, per colpa di tutti quei cattivi che ci sono fuori dalla riserva. I rinoceronti sono oramai scomparsi e gli elefantini, poveri, tutti orfani. E loro piangono e mollano giù anche dei soldi extra.
Nella suite per gli ospiti, costruita sulla collina a fianco della villa maestosa dell’antica famiglia di colonizzatori naturalisti, a farsi una doccia calda e prendere il tè servito da cameriere con la crestina e i guanti bianchi, proprio come nei film, ci sono gli amici di famiglia: tutti attori americani famosi. Loro stanno conducendo delle campagne generosissime per la salvaguardia di questi… cosi pelosi: si fanno filmare mentre allattano le galline, piangono e ti scongiurano di comprare questo acquerello di una loro amica artista sensibilissima, che ritrae il deretano di un ippopotamo che scompare nel verde, e che è stata una geniale e ponderata idea artistica per sensibilizzare l’opinione pubblica.
Va bene, ti ho mentito: i leoni liberi esistono ancora. Alcuni, come i cincillà, sono scappati dai recinti mentre la loro padrona era in Texas a fare conferenze. Ora conducono una vita grama, attaccandosi malattie come gatti randagi. Ce ne saranno almeno 100, in Africa occidentale.
Alla richiesta di un gruppo di ricerca che chiedeva di poter osservare per un certo periodo i leoni “in the wild”, questa è la risposta del responsabile di una Ong dedicata alla salvaguardia dei maestosi felini in Africa.
“What about if you stay at a place where is hand raised lions to observe them. You will spend a lot more time with them. To be honest, we very rarely see Lions where we work due to the scarceness’ of them and them running away from us. We see them only from far and only every now and then, not everyday.”
Traducendo: “Perché non andate in un posto dove allevano leoni così spendete più tempo con loro? A essere onesti noi vediamo leoni raramente a causa della loro scarsezza e del fatto che scappano quando ci vedono. Li vediamo solo da lontano, ogni tanto, non ogni giorno”.
La sintassi non è il pezzo forte di questi signori: loro hanno ben altro da fare che preoccuparsi di scrivere o capire cosa leggono.
Chissà di cosa si occupano però, visto che postano sul web decine di foto di leoni al giorno.
Il ricatto morale che questa gente sta facendo a tutto il mondo è oltraggioso: se vuoi che almeno sulla carta e in fotografia, qualche animale semiselvaggio esista ancora, ci devi lasciare liberi di stare qui e di fare quello che vogliamo. Altrimenti, se ci fai chiudere, non ce ne sarà proprio più nessuno.
D’altro canto era ridicolo pensare che in Africa, dove da secoli si sfrutta ogni cosa, gli animali fossero salvi dalla speculazione. Ma nel caso ti venisse il dubbio, sappi che è assolutamente tutta colpa dei cinesi, che comprano ossa e ne fanno stupide medicine per creduloni. Sono loro che stanno rovinando il mondo.
Non c’è nulla da fare: i leoni della savana sono come Peter Pan, esistono solo nella fantasia. E aprire un centro per la loro salvaguardia richiede più raccomandazioni e conoscenze che aprire un bagno attrezzato sulla spiaggia di Rimini.
La vita di un un leone da allevamento
1) Le leonesse sono trasformate in macchine da riproduzione. Una volta esaurite, sono destinate al diventare prede da trofeo per cacciatori paganti oppure uccise per il traffico di ossa verso l’Asia.
2) I cuccioli sono sottratti alle madri appena nati per diventare attrazioni da strada o all’interno dell’allevamento stesso, per i turisti che vogliono giocarci.
3) I cuccioli di femmina sono spesso eliminati perché non adatti alla riproduzione, in quanto nati da incroci di consanguinei troppo stretti. Da adulti inoltre non rappresentano comunque un trofeo sufficientemente ambito.
4) Gli allevatori si pubblicizzano come centro di recupero e attraggono inconsapevoli volontari, che pagano cifre esorbitanti per il privilegio di nutrire e occuparsi dei cuccioli, credendo di fare qualcosa di utile per la loro sopravvivenza.
5) Una volta troppo cresciuti per essere tenuti in braccio, i giovani, abituati agli umani fin da piccoli, sono usati per un’altra forma di attrazione turistica: “La passeggiata con i leoni”.
6) Una volta sub-adulti, i leoni sono rinchiusi in gabbie affollate dove vivono in condizioni atroci.
7) Una volta adulti, se adatti a diventare un trofeo di caccia, sono liberati in piccole aree recintate da dove non hanno modo di scappare e sono facilmente individuabili. Spesso drogati per rendere la caccia ancora più facile, sono uccisi dai “turisti cacciatori”.
8) La loro testa viene imbalsamata e venduta a parte, mentre le ossa sono vendute per il mercato asiatico della credenza e superstizione popolare, che ne fa “afrodisiaci” o “medicine”.
Informatevi sempre bene (purtroppo le informazioni sono spesso soltanto in inglese). Rifiutate di contribuire a questa crudeltà, anche se un vostro amico ci è stato e si è tanto divertito. Piuttosto investite un po’ di tempo in ricerca sul web e contribuite con una donazione a cause giuste.
Questa è un black list di posti turistici “incriminati” fatta da Volunteers in Africa beware, su Facebook:
https://www.facebook.com/volunteersbeware/posts/685606801486819
Per maggiori informazioni (in inglese) sulla vastità allarmante del fenomeno, cercare sul Web le parole Canned Hunting e Canned Lion
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