La psicologia a doppio taglio della medicina di Hamer
Anni fa seguivo una paziente di 65 anni, una donna vivace e sognatrice, la cui vita, come quella di molte altre persone, era stata affettivamente deludente, a partire dalla famiglia d’origine. Passava il tempo della sua pensione a iscriversi a corsi che promettevano la soluzione di molti problemi nel giro di qualche ora e pretendevano di concentrare il sapere di anni di studio in poche frasi perentorie.
Questo la faceva sentire più istruita. Spesso mi raccontava delle sue scoperte illuminanti sulla prevenzione dei terremoti, sul controllo del tempo atmosferico e sui significati alchemici delle parole e dei numeri che componevano il suo indirizzo di casa.
Quando, durante una visita di routine, alla mia paziente fu riscontrato un tumore al seno in fase iniziale e predisposta un’operazione d’urgenza, lei rifiutò, affidandosi invece a un medico che praticava la medicina di Hamer.
Questo medico fece una diagnosi “psicologica” e stabilì che il tumore era causato da conflitti emotivi con dei familiari. Predispose inoltre un ritiro costosissimo presso un centro dove la mia paziente avrebbe dovuto, in sole due settimane, risolvere ogni conflitto emotivo, al fine di guarire.
Il numero di cellulare di una psicologa, a sua volta seguace di Hamer e fidanzata del medico, era stato fornito per le “emergenze emotive”.
Cercai di offrire un’informazione obiettiva alla mia paziente, che mi era molto affezionata. Lei mi annoverò nella categoria degli inconsapevoli, come le era stato spiegato di fare, e si limitò a sorridermi con sufficienza. Si recò anche dal primario ospedaliero di oncologia, a spiegargli che non avrebbe di certo accettato i trattamenti miopi della medicina pagata dai massimi sistemi.
Quando ritornò dal “ritiro per risolvere i conflitti emotivi”, era dimagrita ed emaciata. Aveva pianto molto, aveva distribuito colpe e responsabilità a se stessa e alla sua famiglia, risalendo fino agli antenati. Disse di avere buttato fuori tutto, di sentirsi molto meglio e già in via di guarigione.
Quando il tumore continuò a crescere, fino a deformare la mammella in modo visibile e a lacerare la pelle, le fu detto che ciò faceva parte del processo di guarigione. Secondo le teorie di Hamer, mi disse, il tumore stava andando verso l’esterno e ciò significava che stava diventando più superficiale, meno profondo, e che sarebbe quindi uscito.
Per il dolore, che si stava facendo sempre più intenso, la mia paziente poteva chiamare al telefono “la psicologa delle emergenze”, che la aiutava a visualizzare un arcobaleno.
Io mi ritrovai in una posizione difficile: dal punto di vista dell’etica professionale non avevo diritto di interferire con la vita privata della mia paziente. Denunciare il medico che pretendeva di curarla a caro prezzo avrebbe inoltre significato tradirla senza peraltro ottenere nulla; le procedure burocratiche in questi casi sono lentissime e incerte. Sapevo anche che, venuto meno questo medico, la mia paziente avrebbe comunque trovato un’altra via “contro quegli ignoranti della medicina ufficiale” e mi avrebbe completamente esclusa dalla situazione.
Il tumore suppurava, e durante le sedute con me capitava che la maglia, sotto la quale potevo vedere la mammella deformata, si macchiasse, nonostante le garze poste sulla piaga.
Quando la piaga si fece impressionante e il dolore insopportabile, la mia paziente tornò al reparto ospedaliero in cerca di aiuto. Il primario interruppe una visita per vederla di persona e le disse con durezza: – Lei non ha voluto curarsi quando gliel’ho offerto. Adesso cosa vuole? Operarla a questo punto è inutile: per me, lei è già morta. –
Una visita segreta presso il chirurgo di una clinica privata, “con idee aperte”, fornì una specie di compromesso. Le furono prescritti degli antidolorifici “naturali” e si concordò una possibile operazione il meno invasiva possibile, che non avrebbe compromesso il “processo di autoguarigione”. Si sarebbe provveduto ad asportare soltanto la parte di tumore che oramai era “inutile”. Non era prevista alcuna chemioterapia successiva.
Il medico hameriano che seguiva la Nuova Medicina Germanica, messo al corrente di tale progetto, reagì duramente: – Tu non sei stata capace di risolvere i tuoi conflitti interiori e adesso dai la colpa a me. Sono stufo di gente debole come voi. Prima chiedete aiuto, poi non siete in grado di lavorare su voi stessi e alla fine mi denunciate. Ti rifiuto come paziente, tanto tu non sei capace di guarire, non vuoi farlo. –
Questa condanna, più ancora di quella del primario di oncologia, scatenò nella mia paziente una disperazione assoluta. Si sentiva abbandonata, incapace e colpevole. Pianse giorni interi, senza più badare alla sua salute. Sentiva di avere deluso chi più ammirava. Scrisse lunghe lettere a questo medico, garantendo che lei non avrebbe mai denunciato nessuno. Fu comunque tagliata fuori dal gruppo di guarigione e le fu proibito di contattarli.
L’operazione di asportazione della mammella e dei linfonodi ascellari fu fatta a pagamento in una clinica privata. La lasciò con un braccio menomato, una protesi mammaria che lei odiava e una valigia di vestiti in meno, rubata durante la degenza.
Pochi anni dopo moriva di metastasi al polmone, che rifiutò di curare, e di tristezza infinita, per la quale chiedeva aiuto a tutti, senza riuscire a ottenere sollievo.
Questa storia non si schiera con nessuno, perché non è un partita di calcio.
La cosa che vorrei dire, da psicologa, a chi si approccia a teorie “alternative” che tirano in ballo la psicologia, è semplice: se si potessero risolvere conflitti emotivi in poche ore o giorni, nessuna persona ricca e potente ne avrebbe. Eppure ne soffrono anche loro e anche loro muoiono di malattia, come tutti gli esseri viventi della terra. Si ammalano anche i guru. Nessuno vive in eterno.
Sono psicologa, non sono medico e neppure biologa: per quello che ne so io, può anche darsi che tutte le malattie abbiano una causa esclusivamente emotiva e cose come i virus siano l’invenzione di qualche buontempone con un microscopio. Ma se questi problemi emotivi hanno innescato il conto alla rovescia di una malattia mortale, so abbastanza di psicologia per affermare che sarà difficile risolverli al volo e in condizioni di stress intenso, causato dalla sofferenza fisica e dalla paura.
Non capisco perché i guaritori di varia provenienza, prima di dedicarsi a guarire persone in pericolo di vita, non si cimentino in cose più semplici, come guarire un dente cariato con le parole giuste. Il dente cariato dovrebbe corrispondere a un trauma emotivo più leggero e più facile da risolvere. Basta farsi togliere un’otturazione e provare.
Le teorie di Hamer, ma anche di altri, possiedono forse degli spunti creativi. Dal punto di vista psicologico, però, sono molto ingenue: a ogni trauma emotivo corrisponderebbe un preciso disturbo fisico, senza eccezione. Si vorrebbe uscire dai “rigidi dogmi” di una scienza, e si finisce per farne di ancora più rigidi e limitati. La mente è più creativa di così. Litigare con il coniuge non induce la stessa reazione in tutti. Ognuno vive questo “trauma” in modo diverso: qualcuno lo trova terribile, altri persino stimolante. Perché mai questo dovrebbe causare a tutti una malattia, e per giunta anche identica?
Queste medicine considerano tutti uguali, ancora di più della medicina ufficiale. Soprattutto, in un modo o nell’altro, spesso accusano il paziente di essere causa del suo male e questo sì, può davvero indurre una sofferenza mortale.
Comunicato AIRC sulla Medicina di Hamer
Depressione dopo un intervento chirurgico
Pensiero rimuginante o Overthinking
La vita immortale di Henrietta Lacks e il problema etico della ricerca sui tessuti umani