Ottimizzazione: limite di 25 parole a frase. Italiano e narrativa penalizzati
Questo post dovrebbe avere un punteggio alto in leggibilità. Ciò contribuisce a migliorarne la visibilità sui motori di ricerca.
Per migliorare l’ottimizzazione non è stato necessario cercare di scrivere bene questo post, anzi. Ho soltanto dovuto fare in modo che le sue frasi, almeno il 75%, contenessero meno di 25 parole. Entro la venticinquesima parola deve apparire un punto, un punto e virgola, un punto esclamativo, un punto di domanda o almeno dei puntini.
Sempre ai fini dell’ottimizzazione di un testo sul Web, è altrettanto importante che ogni paragrafo stia al di sotto delle 150 parole. Perché al SEO pare impossibile che qualcuno abbia da dire più di 150 parole sullo stesso argomento.
Intanto mi sto già giocando il punteggio del Flesch reading ease per avere usato delle parole difficili. Quali? “Leggibilità”, “Migliorarne”, “Ciò” “Ai fini” “Pare”.
Adesso che poi le ho messe tutte in fila senza una parola o frase di transizione, sono fritta. Dovrò scrivere decine di righe inutili per cercare di diluire l’effetto nefasto di parole come: “diluire” e “nefasto”.
La Guru della Scrittura Comunicativa Ann Wyle menziona (azz…) fa riferimento… si riferisce… (no, no! Ricordati il Flesch reading etc…) MOSTRA delle ricerche che sosten… DICONO che:
- Quando in un brano le sentenze sono lunghe mediamente 8 parole, i lettori comprendono il 100% della storia. (E sta parlando di adulti, non di bambini.)
- Anche con 14 parole per sentenza i lettori ce la posso fare: arrivano a comprendere circa il 90% dell’informazione. (Siccome però questa sentenza, anche in inglese, è più lunga di 14 parole, non so a quanta gente possa servire.)
- Se scrivi una frase di 40 parole, la capacità di comprensione dei lettori scenderà sotto il 10%.
Ho appena deciso di approfittare di questa nuova informazione per togliermi lo sfizio di esprimere un’opinione usando una frase che contiene più di 40 parole, forte del fatto che la comprenderanno meno del 10% dei lettori e pertanto non dovrò pagarne le conseguenze: secondo me i lettori di Ann Wyle sono talmente citrulli che non capiscono manco le figure. (43 parole prima dei due punti)
E con “citrulli” ho acceso di rosso il semaforo del mio punteggio Flesch reading ease.
Ovviamente queste regole, che partono da uno studio sulla lingua inglese scritta, sono applicate dal SEO anche alle altre lingue. Cosa dice il SEO alle lingue più farraginose dell’inglese, che per esprimere gli stessi concetti devono per forza usare un numero maggiore di parole? La risposta è di facile comprensione per tutti, perché è di 1 sola parola e inizia per F. Non la scrivo, non perché non voglia scrivere parole volgari, ma perché così ottengo il 110% di comprensione da parte del lettore.
In italiano, stando dentro le 8 parole, si possono comunque esprimere concetti pregnanti.
“Non ci sono più le 4 stagioni”, “Si stava meglio quando si stava peggio” e “Ho picchiato l’alluce contro spigolo di porta, merda”, stanno tutte dentro il limite.
“Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino” è già una sentenza lunga, che prevede uno sforzo di concentrazione.
Ora, l’idea non sarebbe male: quella di ridurre le frasi e renderle facilmente comprensibili anche al meno intellettualmente capace della Terra, dico.
Dipende dal tipo di comunicazione, dirai tu.
Io però sono complottista in questo caso, e anche ipocondriaca. Nonché apocalittica.
La domanda è: perché penalizzare chi scrive usando frasi più lunghe riducendogli la visibilità, e non di poco?
All’inizio avevo dato scarsa importanza alla faccenda della lunghezza dei paragrafi e delle frasi. Mi ero limitata a cercare di piazzare delle buone parole chiave. Quello mi sembrava sensato. È stato solo quando ho provato per gioco a ottimizzare un post anche dal punto di vista della readability, che ho visto quale GROSSA differenza faccia in termini di ottimizzazione.
La cosa assurda è che chiunque voglia vendere qualcosa sul Web sa già che per pubblicizzare un prodotto deve usare al massimo 4 parole, e lo fa spontaneamente.
Anche i politici lo sanno e lo fanno senza bisogni di incentivi. Così gli imbonitori, i guru di vario tipo e compagnia bella. Si esprimono già a slogan. (Traduzione di slogan: motto. Definizione da vocabolario di motto: frase breve e facile da ricordare – non necessariamente da capire – usata per pubblicizzare un’idea o un prodotto – senza necessariamente descriverli -).
Perché penalizzare gli scrittori, i divulgatori, chi descrive, insegna, spiega? Non doveva, il Web, essere il posto che dava spazio soprattutto alla conoscenza? Dove questa conoscenza sarebbe stata facilmente accessibile e distribuita a piene mani?
Oggi i testi di Shakespeare, se non fosse che tutti ne conoscono il nome e lo cercano attraverso quello, avrebbero una visibilità pari a zero, sul Web. E lo stesso vale per i testi di scrittori, scienziati e intellettuali contemporanei. Se non sono già famosi, il SEO garantisce il loro anonimato per sempre, proprio perché non scrivono come un pubblicitario.
D’altro canto esistono testi che, contrariamente alle regole di marketing, sono fatti apposta per risultare di difficile comprensione. Vedi per esempio i contratti di finanziamento o qualunque altro testo di tipo legale/burocratico.
• 2.5. – L’Impresa si obbliga infine, sempre ai fini e nel termine di cui al primo comma del presente articolo, a produrre la documentazione prevista al quarto comma del successivo art. 3, nonché ad assicurare presso primarie imprese di assicurazione, per la durata del finanziamento e per successivi due anni, contro i rischi indicati da (Azienda) e per valori giudicati idonei dal medesimo, gli immobili, gli impianti e i macchinari costituiti in garanzia, anche se di terzi; a vincolare le relative polizze a favore di (Azienda), con le modalità da esso stabilite, autorizzando lo stesso a sostituirsi nel pagamento dei premi non soddisfatti; a rimborsare in tal caso le spese sostenute e i relativi interessi, decorrenti dal momento dell’addebito delle spese medesime a (Azienda), al tasso previsto ai sensi del presente contratto per gli interessi di mora.
Chi scrive questi testi non è interessato alla loro visibilità, anzi: meno questi testi sono letti con attenzione, meglio è. Eppure nessuno li obbliga, su carta o su Web, a una forma di comunicazione più comprensibile.
Capisco che tutto sia partito da buone intenzioni di fondo: il governo inglese, per esempio, ha deciso che i testi sul Web che riguardano le informazioni burocratiche debbano limitarsi a sentenze più brevi di 25 parole. Questo è giusto: si tratta di comunicazioni di servizio alla comunità e tutti devono poterle capire. Ma impostare tutto il Web secondo questo principio, quando di fatto, a parte la lodevole iniziativa di alcuni governi, il Web stesso è composto di promozioni, imbrogli, e solo in ultimo di conoscenza, significa consegnare un vantaggio spropositato ai primi due.
Non solo: ridurre la lunghezza delle frasi, condensare, e di fatto semplificare fino all’idiozia, significa diseducare. In poco tempo anche le frasi di 14 parole risulteranno difficili da capire, per la maggioranza.
Ho scritto: in poco tempo? Volevo dire: in pochissimo tempo.
È sufficiente passare un’ora a leggere un testo composto di frasi brevi, per inchiodarsi di fronte a un testo con frasi di lunghezza normale. Non è questione d’intelligenza: è questione di ritmo e di abitudine.
Se come autore inizio a scrivere un testo di 25 parole massimo per frase, so già che inserirne una molto più lunga a metà spezzerà il ritmo, affaticherà il lettore, che molto probabilmente interromperà la lettura. Questo è un gioco al ribasso che porta alla catastrofe, e non solo della letteratura.
Il Web ha indotto milioni di persone, che non leggevano neppure i nomi delle vie, a leggere una gran quantità di testo. Questo è stato un enorme aiuto all’alfabetizzazione delle persone meno scolarizzate. Ma l’idea doveva essere quella di portare progresso, non di trascinare tutti allo stesso bassissimo livello, dal quale non ci si potrà più muovere se non scendendo ulteriormente.
Molti scienziati disposti a fare divulgazione gratuita – e che avrebbero di certo preferito esprimersi per iscritto vista la necessità di ponderatezza e precisione di ciò che affermano – hanno dovuto passare alla comunicazione video proprio per questo motivo. O così o invisibili.
Anche in questo caso però, lo smussamento dei termini ostici, la semplificazione dei concetti e infine la richiesta di filmati sempre più brevi, sono diventati una gara obbligatoria. La capacità di concentrazione dell’ascoltatore si sta riducendo a passo di parata.
Quale futuro per narratori, scrittori, poeti e cantastorie?
La brillante soluzione suggerita da Ann Wyle è: condensa le sentenze o dividile in più parti.
Ho letto l’inizio di un suo libro, usando la preview dell’eBook che Amazon mette a disposizione. La prima cosa che mi ha affaticato, dopo essere stata un po’ di tempo su questo post che ha tutti questi spazi inutili ma obbligatori, è stato l’affollamento di righe di un libro normale, che mi è parso inaffrontabile. Ho dovuto fare uno sforzo per iniziare a leggere quello che mi pareva un muro di paroline tutte attaccate.
Ann Wyle, in effetti, cerca di rispettare la sua regola. Scrive cose come: “Eravamo io; mio cugino; l’idraulico e il carpentiere. Abbiamo sollevato la lavatrice. Meglio in quattro che da sola. Comunque, ‘na faticaccia.”.
I suoi libri non sono di narrativa, per fortuna. Ma sembra di leggere un elenco telefonico. Posso immaginare che sui foglietti d’istruzioni le frasi corte siano utili, ma in un libro o in un racconto, invece di passare meglio i concetti fanno venire sonno. O l’ansia.
Adesso devo concludere, sennò supero la lunghezza ideale per l’ottimizzazione. Comunque quello che volevo dire, s’è capito. Magari poi faccio un altro post, proseguo a puntate. Una saga sull’ottimizzazione dei testi di narrativa su web. Ottima idea. Infatti non ho ancora menzionato H2 e H1, perché non ho ancora capito bene come usarli. Ogni volta che vedo il semaforo giallo su WordPress che me li cita, mi ricordano i risultati delle analisi del sangue.
Concludendo:
C’è una sola persona al mondo, che io sappia, capace di scrivere narrativa sublime stando sotto le 25 parole per frase. Non usa neppure le virgole, solo i punti. È Agota Kristof, in libri come Trilogia della città di K.
Non credo però che queste regole del SEO ‘agevoleranno la fuoriuscita’ di scrittori dello stesso livello. Credo che peggioreranno le prestazioni di tutti.
Alla fine, la readability di WordPress mi ha bocciato anche questo post, come si può vedere nella foto. Tutta colpa del testo “burocratico” che ho inserito come citazione.
Amen.
Devo mettere un sottotitolo, altrimenti mi cala l’ottimizzazione. L’ho messo, è questo. A posto.
Basterebbe che, rilevata la lingua, s’impostasse un SEO con regole leggermente diverse. Basterebbe distinguere tra “contenuto culturale” e “informativo” per esempio. Scrivendolo all’inizio. E creando un SEO adattabile di conseguenza.
Basterebbero poche cose. Questa globalizzazione sta diventando, di fatto, discriminazione.
La pubblicità e di conseguenza il linguaggio pubblicitario hanno pervaso tutte le forme di comunicazione. Non solo il web, ma anche i libri e i film si sono dovuti adeguare diventando più veloci e immediati, quindi concettualmente più semplici. La mancanza di inciso nelle frasi, per esempio, sottrae lo stimolo che induce a un pensiero più complesso. L’effetto di tutto questo si conosce già ed è grave: dagli anni ’70 (cioè dall’inizio della comunicazione di massa) a oggi, il QI intellettivo, cioè la capacità di ragionamento articolato, si è abbassato costantemente a ogni generazione. https://scienze.fanpage.it/siamo-piu-stupidi-dei-nostri-genitori-dagli-anni-70-il-qi-continua-a-scendere/
Nel frattempo ho aggiornato WordPress. Ora risultano penalizzate anche le forme passive, che devono essere inferiori al 10% del totale del testo. Significa che in caso di omicidio, per ottimizzare un articolo è sempre meglio scrivere “è morto/a per mano di…” piuttosto che “è stato ucciso/a da…”. In generale, si ottimizza meglio descrivendo gli effetti di un evento invece delle sue cause.
Altri miei post con più di 25 parole per frase:
Esperimento di auto pubblicazione eBook su Amazon
Facebook non è un paese per annunci a pagamento
Libri digitali e loro implicazioni etiche sconosciute
Innanzitutto complimenti per l’articolo, mi è piaciuto molto. All’inizio anche per me abituarmi alla grammatica SEO è stato un po’ traumatico. Poi ne ho fatto uno stimolo per sviluppare la capacità di sintetizzare i concetti senza apparire un deficiente. I miei articoli hanno tutti un buon punteggio, ma se qualche volta mi va di infrangere le regole, sticazzi.
MIO BLOG ORA IN MANUTENZIONE PER MIGLIORAMENTO SEO. SCRIVO PER IL 10% DELLA POPOLAZIONE. MANTENIAMO L’ATTENZIONE SUL FLESCH READING EASE. SOLO TRE PAROLE. SEI UNA GRANDE!