African Impact a Zanzibar
Jambiani è un piccolo villaggio della costa orientale di Zanzibar. È un posto tranquillo, turistico ma non troppo, e i suoi abitanti sono sonnolenti e schivi.
C’è un piccolo edificio d’epoca coloniale e un accenno di piazzetta all’ombra di un albero gigantesco e centenario. L’edificio è abbandonato, come lo sono molte altre case che nessuno ha mai riparato e che non hanno più un tetto. Spesso però la porta si è conservata, un capolavoro di intaglio eseguito da abili mani arabe, sparite anch’esse per sempre.
Niente di diverso da altri villaggi africani, dove il tempo è fermo alle ultime novità degli anni ’60. L’elettricità è qualcosa di non strettamente necessario e l’acqua corrente un lusso inutile.
Qui, però, c’è African Impact.
African Impact è un’organizzazione sudafricana di turismo associato al volontariato, che ha sedi in tutti i posti più belli dell’Africa. A Zanzibar gestisce un piccolo gruppo di bungalow sulla spiaggia di Jambiani, la zona dove si coltivano le alghe legate a pali aguzzi piantati nell’acqua bassa. È lo scenario preferito dei fotografi e l’incubo dei surfisti.
Dalle sette di mattina fino alle sette di sera, nella sede di African Impact nessuno si annoia: ci sono i corsi gratuiti d’inglese per i locali da portare avanti, il progetto di osservazione marina e quello del riciclaggio della plastica. Ogni turista-volontario ha un compito da svolgere in base alle sue attitudini e le escursioni, che non tolgono nulla alla gita esplorativa, hanno sempre anche un altro scopo di aiuto umanitario.
L’organizzazione è brillante e gestita in modo costruttivo e creativo da responsabili giovani, pieni di energia, e che faticano instancabilmente.
Il rapporto difficile con le autorità del villaggio, che non amano certo le intrusioni soprattutto da parte di stranieri, sembra anch’esso gestito con grande perizia.
Il piccolo miracolo quindi accade, e nelle ore più soffocanti le aule delle scuole col tetto di lamiera – banchi da chiesa rotti e lavagne con una spugna di mare a fare da cimosa – si riempiono di persone insospettabili: beach boys giovani e scanzonati, Masai, anche di una certa età, madri di famiglia. Tutti a imparare l’inglese di African Impact, con un quaderno e una penna, spesso conservati meticolosamente.
Non è facile insegnare l’inglese ad adulti la cui conquista è stata imparare a leggere piano una lingua che si pronuncia come si scrive e che adesso devono invece indovinare che rice si pronuncia ràis.
I volontari di African Impact tengono lezione a temperature impossibili e con un pezzetto di gesso grande come un bottone, che si bagna a contatto con le mani.
Eppure quelle classi sono commoventi, per l’attenzione degli allievi, la genialità dei programmi, rigorosamente stilati, e che prevedono un insegnamento dinamico e amichevole, basato su immagini di oggetti di tutti i giorni: riso, sapone, dentifricio, fuoco, acqua.
Per i Masai, che camminano sulle spiagge vendendo collanine e che pur essendo tanzani sono considerati stranieri perché di una lingua e di un’etnia differente, c’è una difficoltà/opportunità in più: imparano parole di uso comune in inglese e contemporaneamente anche in Swahili.
Ci sono anche le classi più avanzate, dove i ragazzi che già studiano l’inglese a scuola hanno l’opportunità di sentirlo parlare da un madrelingua e di fare persino corsi di scrittura creativa. Escono dall’aula sudati e carichi di sogni per il futuro: un lavoro migliore, l’università.
In un’isola turistica come Zanzibar la comprensione di una lingua straniera apre opportunità lavorative sconosciute fino a pochi anni fa. Per chi non è mai andato a scuola e non ha soldi per pagarsi dei corsi privati, la scuola di African Impact è l’unica possibilità. La voce si è sparsa e molti ragazzi si trasferiscono a Jambiani da ogni villaggio dell’isola, per approfittarne.
Anche i bambini dell’asilo possono studiare l’inglese grazie ad African Impact. Non è un vezzo, perché l’inglese in Tanziania è la seconda lingua nazionale e iniziare la scuola avendo nelle orecchie un po’ di quel suono ostico facilita lo studio.
Il programma dell’asilo è stato studiato attentamente e spesso revisionato: canzoni, premi, giochi e un momento importantissimo, quello del washy washy scrub scrub. Tutti i bambini corrono fuori a lavarsi i denti con il loro spazzolino personale. Qualcuno dei più piccoli non ha ancora capito come funziona e mangia il dentifricio come fosse un dolcetto, ma con un po’ di pazienza, la maggior parte di loro sta imparando una norma igienica importante.
Con l’arrivo del turismo le abitudini alimentari dei bambini hanno visto l’introduzione delle caramelle sovrapporsi a un’alimentazione molto semplice a base di riso. Ora un turista non può camminare in un villaggio senza essere assalito da una folla di bambini che pretendono dolciumi. Purtroppo spesso questi sono elargiti loro con leggerezza, causando squilibri alimentari e carie. Se molti adulti hanno denti bianchi e robusti, è ora sempre più frequente vedere che i loro figli hanno denti estremamente compromessi.
La Nursery school è un’iniziativa di African Impact per i bambini che non sono ancora in età scolare.
La cosa interessante è che si tratta di un asilo a pagamento. Per quanto poco, i genitori pagano affinché i loro bambini non stiano a vagare per le strade del villaggio, privi di ogni stimolo. Questo aiuta a far capire il valore della scuola, spesso sottovalutato.
Se i genitori non hanno un lavoro, sono ragazze madri, o non possono permettersi la retta, hanno l’opportunità di assistere come volontari gli insegnanti di African Impact. Non sono pagati direttamente, ma una volta a settimana ospitano a casa loro i turisti-volontari, cucinando per tutti. I partecipanti al progetto pagano la loro cena e così si ottengono alcuni vantaggi sovrapposti: il genitore povero ha un introito che si è guadagnato lavorando, può quindi investirlo per il futuro di suo figlio; ha inoltre la possibilità di partecipare a un progetto educativo ben strutturato e capire come funziona. I volontari di African Impact hanno il privilegio di mangiare cibo locale in una casa di locali.
Non ultimo, tutti mangiano un pasto regolare e ben bilanciato e hanno l’opportunità di fare amicizia e di imparare lingua e usanze altrui.
Sembra che il sistema funzioni molto bene.
Questa idea di collaborazione con vantaggio reciproco, il premiare coloro che spontaneamente si offrono, dimostrandosi volenterosi e affidabili, senza forzare, catechizzare o regalare a tutti i costi, sembra avere molti vantaggi e diventa un piccolo volano per idee e iniziative locali. Sulla spiaggia, all’alba, le donne che lavorano duramente a raccogliere alghe, si preparano alla giornata facendo ginnastica. A istruirle un uomo del villaggio, che insensibile ai veli e alle gonne lunghe, le mette a fare flessioni sulle braccia con il piglio del marine.
Inutile dire che loro ci riescono benissimo.
Altre donne hanno iniziato piccole attività imprenditoriali; alcuni ragazzi lavorano come autisti e come interpreti o insegnanti di Swhaili per i volontari di African Impact, che dove può impiega i locali e li paga bene.
I ragazzi delle medie sono chiamati a un gioco importante che consiste nel raccogliere tutta la spazzatura non edibile per le strade del villaggio. La spazzatura viene frantumata e infilata in bottiglie di plastica, che diventano eco-mattoni, con i quali si possono costruire sedili, muri, persino case. Un premio va allo studente che porta un’idea originale per il riciclo di una bottiglietta di plastica.
Gli adulti di Kizimkazi osservano tutto questo viavai con un certo atteggiamento di noia e sufficienza. Ogni tanto però un bambino si presenta con una bottiglietta di plastica ben intagliata. La piccola vela è montata su uno stuzzicadenti e la barchetta naviga che è un piacere, grazie al contributo segreto di qualche padre pescatore che, forse per la prima volta in vita sua, ha accettato di giocare.
Piccole cose, che lasciano ai turisti-volontari di African Impact, molto di più di quello che hanno dato. La loro “vacanza” dura almeno 15 giorni, costa come quella in un buon villaggio turistico, ma lì di sicuro non ci si annoia. Chi voleva immergersi nell’atmosfera locale, torna a casa potendo finalmente dire di avere fatto un viaggio vero.
La pagina facebook di Africa Impact a Jambiani, ricca di foto e di notizie, è qui: https://www.facebook.com/AIZanzibar/?pnref=story
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