Salerno come Treviso
Affacciata su una baia protetta da un promontorio, Salerno era bella di suo, fino a quando negli anni sessanta la speculazione edilizia si lasciò dietro brutti palazzoni sbiaditi e zone periferiche fanta-industriali che col tempo finirono come dovevano finire: abbandonate e in costante suppurazione.
Recentemente, a rimboccarsi le maniche, ci ha pensato un sindaco con una personalità particolare. Forse è un eroe, forse no. Sicuramente appare presuntuoso e dai modi di fare pesantemente antichi, che rappresentano un meridione colto e conservatore. Questo però non è necessariamente un difetto, se inserito in un contesto di ricchezze e diversità culturali italiane. In ogni caso, qualunque cosa si pensi di lui, è giusto tenere presente che è riuscito in un’impresa difficile, che nessuno aveva mai osato tentare prima: far risorgere Salerno dalle sue ceneri e renderla una delle mete turistiche attualmente più richieste d’Italia.
Il centro storico di Salerno è piccolo, ovviamente antichissimo e adesso pulito e ben illuminato, lucido come il centro di Treviso.
Non vola una carta e bar e negozi sono tutti molto eleganti, come le persone che vi passeggiano sorridenti.
Girovagare per i vicoli ricchi di atmosfera è affascinate, e per ogni costruzione degna di nota (quindi ogni 10 metri) c’è una targa che ne racconta brevemente la storia.
I restauri ben fatti hanno visto collaborare associazioni culturali e università verso un obiettivo sincero e appassionato.
Affinché il restauro del centro non fosse fine a se stesso, diventando un’estemporanea quanto sterile esibizione, e anche per aiutare la vivacità culturale della città a tornare agli antichi fasti, il sindaco continua ad avere buone iniziative, che si aggiungono periodicamente a “illuminare” il tutto: una colonia di pinguini di plexiglass si accende al tramonto e trasforma la triste barriera di scogli artificiali a protezione della città in un monumento commovente. Le luci natalizie appese per le vie sono una mostra volante di quali miracoli possano fare degli artisti capaci, con pezzi di plastica riciclata.
Al lungo mare è stato lasciato il suo aspetto ottocentesco, di palme e palazzi rosati le cui finestre si affacciano placidamente sul panorama dei privilegiati. Ogni cosa è stata studiata pensando soprattutto alla conservazione dell’atmosfera.
La zona popolare con i suoi casermoni c’è ancora, non si poteva certo radere al suolo. La stazione marittima è a poche centinaia di metri dal centro, con le sue casette di cemento diroccato e i binari di chissà quale linea commerciale sepolti dalle erbacce.
In questo contesto però, dove tutto è stato amorevolmente recuperato e spolverato, anche queste aree si arricchiscono a loro volta di un fascino storico che rappresenta concezioni passate di spazio e distanze, e che induce a notare sopra ogni altra cosa, il loro ineguagliabile pregio di esistere, per quanto brutte o dimesse, a pochi metri da uno degli spettacoli più irrinunciabili: il mare.
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