Amalfi e Quasimodo
Sarà il nome, saranno le mille memorie di qualcun altro. Questo luogo invita alla canzone e si fatica a non parlarne in versi, anche quando la piazzetta è oramai diventata un parcheggio, e la vietta stretta che si arrampica in alto è costellata di negozi stanchi.Tra tanti gelati e ceramiche, il limoncello non sembra più speciale del panzerotto congelato di un franchising.
Ma guardando in alto, ci sono ancora i fiori che sbocciano dai muri, le piante di limone che si scaldano al sole. Un sole che sta sempre di fronte.
Amalfi si gira presto e si assaggia in fretta, poi c’è la coda di pullman lungo la stretta strada costiera.
Aspetta. Resto qui, fammi sentire ‘sto caffè. Lasciami guardare le cose piccole, i foglietti di chi si offre d’insegnare inglese. Lasciami contare i sassi della strada, spiare dietro le tende delle case vecchie, cercando quello che non è mai cambiato, salendo fino all’ultima casa in alto. Soltanto per guardare il mare.
QUI E’ IL GIARDINO
CHE CERCHIAMO SEMPRE E INUTILMENTE DOPO I LUOGHI PERFETTI DELL’INFANZIA.
UNA MEMORIA CHE AVVIENE TANGIBILE SOPRA GLI ABISSI DEL MARE,
SOSPESA SULLE FOGLIE DEGLI ARANCI E DEI CEDRI SONTUOSI
NEGLI ORTI PENSILI DEI CONVENTI.
Quasimodo
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