Panama: Isla Contadora
A un paio di ore di traghetto da Panama, oppure a 20 minuti di volo in aerotaxi, c’è un’isola di pochi chilometri quadrati.
Laggiù gli spagnoli un tempo contavano le perle prima di spedirle in Europa. Oggi i ricchi panamensi vi si trasferiscono per passare il weekend – servitù e viveri al seguito.
In ricordo di tutto quel contare di perle, quest’isola si chiama Isla Contadora.
Le case lussuose e nascoste nella ricca vegetazione sono visibili soltanto dal mare, perché la strada che porterebbe alle numerose piccole baie su cui sono costruite, finisce sempre sul cancello del loro viale d’ingresso. Neppure le spiagge, quindi, sono tutte visitabili.
Pare che Julio Iglesias avesse comprato una villa su quest’isola, una volta. Forse gli piaceva l’idea degli antenati corsari o forse era venuto a tenere compagnia all’ultimo Scià di Persia, che lì finì la sua vita da esiliato.
Le poche spiagge di libero accesso sono grandi e belle: sabbia bianca, acqua trasparente, mare calmo. All’orizzonte, in stagione giusta, enormi balene di passaggio.
Le stradine curate sono attraversate principalmente da golf cars, mountain bikes e arroganti scoiattoli.
Questa è un’isola per il quieto ritiro dalle strade intasate di Panama. Ci sono due bar, un albergo con ristorante, un piccolo negozio di beni di prima necessità e, naturalmente, la pizzeria di un romagnolo verace.
Siamo arrivati anche lì, portando i nostri tavolini tondi con le tovaglie bianche e candelabro attaccato, i gamberi e gli zucchini, l’olietto al tartufo, e tutto ciò che di delizioso si riesce ad arrangiare con i pochi e selezionati ingredienti freschi che solo un italiano sa scovare, anche sulla luna.
Prenotando per tempo, un piatto di linguine al dente e pomodori pachino si può sempre avere, a patto che il cuoco non debba preparare la cena a domicilio per una festa in villa. Anche il catering, fa.
La sua pizza da asporto costa più di venti dollari, ma non si lamenta nessuno: non c’è concorrenza ed è l’unico posto amichevole e vivace di tutta l’isola.
A due chilometri di distanza invece c’è la baracca dei locali: tetto di plastica, tavoli scassati e televisore sempre sintonizzato sulle interferenze. Il menù è uguale a se stesso da generazioni e non tradisce mai: riso e fagioli, pollo fritto, banane tostate.
Qualche sorriso di cortesia ma tanta stanchezza e un po’ di ritrosia verso i turisti, che vanno a fare il safari proprio dove a fine giornata i locali vorrebbero forse stare tra loro, senza quelli che ordinano la riparazione di una finestra, il taglio del prato o il caffè ristretto in tazza grande con zucchero di canna e bicchiere di acqua minerale naturale a temperatura ambiente a parte, ma portato nello stesso momento.
Eppure un’isola, per quanto piccola sia, nasconde sempre un tesoro.
Vicino alla pista degli aerotaxi, che inizia e finisce a picco sul mare, c’è una bella spiaggia dorata (nella foto: quella grande a sinistra) e un grandioso residence fantasma.
I lussuosi bungalow di legno costruiti su pali pencolano come grossi funghi marci, mentre la pista da ballo all’aperto si sgretola disperdendo specchietti e piastrelle a ogni mareggiata. La vegetazione cresce avvitandosi sui tondelli di ferro arrugginiti, che sbucano urlanti dai blocchi di cemento crepati.
In fondo alla baia deserta c’è una nave di ferro incagliata, abitata da alcuni africani manovali del luogo. Il generatore a gasolio, che fanno girare giorno e notte, fa il rumore di un mercantile in avaria.
Narra la leggenda che questa spiaggia fosse luogo di grande fasto nei lontani anni ’80. Gli accordi di pace dei paesi centroamericani, che qui si era cercato di ratificare, avevano promosso la movida e i biplani carichi di Champagne, che trasportavano personaggi di calibro estremamente vario.
Poi, un giorno, il narcotrafficante che aveva iniziato la costruzione del lussuoso residence è scomparso, così all’improvviso, senza lasciare traccia.
Forse è rimasto seppellito in qualche pilone di cemento. Forse ora ha la faccia di un cinese e traffica a Formosa. Perché le isole, è sempre difficile dimenticarle.
Su questa spiaggia si può ancora fare una cosa: sciogliere i capelli, montare un cavalletto, impostare la ripresa in bianco e nero e indossare una veste bianca, senza tempo. Per stupire gli amici con foto di vacanze diverse. E per sentirsi parte di una ciurma che si è persa nei venti.
Contadora aspetta, e intanto tesse un lungo tappeto di piste ciclabili deserte.
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